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Padre Archetto Giuseppe (1910 - 1994)
 



Padre Archetto Giuseppe

 

P. Francesco Grimaldi CM, che è stato a lungo con lui nella casa di Ihosy, definisce senz’altro P. Giuseppe Archetto “un santo missionario, un apostolo e un rayamandreny (che nella lingua malgascia vuol dire “padre e madre”). E senza dubbio P. Archetto è stato uno zelante apostolo delle missioni ad gentes, tanto stimato ed amato particolarmente da coloro che meglio lo conobbero personalmente soprattutto in Madagascar, vivendo accanto a lui. In questo breve profilo lasciamo abbondantemente a loro la parola.
Era nato a Torino il 20 giugno 1910, entrato in Congregazione il 2 agosto 1928 e ordinato presbitero il 13 ottobre 1935. La sua attività apostolica si è svolta in tre periodi: il primo vissuto in Cina dal 1936 al 1952; il secondo passato in patria dal 1953 al 1972; e in fine il terzo consumato nella missione del Madagascar.

Apostolo in Cina

Appena terminati gli studi, il 3 settembre 1936 partì per la Cina destinato al nostro Vicariato di Kian. Qualche giorno prima era passato a Chieri a salutare i novizi: a me (ero appena entrato nel Seminario Interno) rimane impresso il ricordo del suo aperto entusiasmo per la sua partenza per la missione in Cina.
Nel Piccolo Seminario di Kian diede il suo contributo alla formazione dei chierici come professore dal 1937 fino al 1949, cioè fino alla sua forzata chiusura.

Dal 1938 è stato parroco della Parrocchia S. Giuseppe (Lao T'ang) di Kian, fino alla sua espulsione dalla Cina nel maggio 1952. Di quegli anni P. Cirillo Ciarga CM ricorda i “bei giorni, purtroppo così pochi, passati a Kian in compagnia di quegli ottimi confratelli attorno al buon Mons. Gaetano Magnani CM, vescovo di Kian: P. Ottavio Purino CM come superiore, P. De Jenlis, superstite della precedente missione francese, e P. Ly, formando con loro una famiglia così ben unita non solo ai pasti (dove uno dei nostri ‘boy’ come li chiamava P. Purino, sventolava sopra i nostri capi una pezzuola, come ventilatore nella calura estiva), ma poi all’entrata della casa tutti uniti attorno al vescovo a fumare la lunga pipa. Lì ci raggiungevano ogni tanto gli altri dalla “brousse”… e in particolare, data la vicinanza della sua parrocchia, P. Archetto, che portava - se ce ne fosse stato bisogno – un supplemento di buon umore. Come era bello sentire lui e il P. Purino a prendersi un po’ in giro! … Noi due, P. Vilotti e io - essendo più liberi - andavamo sovente a trovarlo alla sua chiesa, dove entrando trovavamo sempre qualche ragazzo in preghiera davanti al SS.mo. Venivano a turno dalla scuola del P. Archetto. Erano i Crociatini dell’Eucaristia, bambini e bambine, di cui lui parla con giusta fierezza anche nelle sue lettere, apostoli tra i loro compagni pagani, ma anche attori meravigliosi, come avemmo modo di vedere alle rappresentazioni, a cui venivamo invitati”.
Dalle relazioni che P. Archetto inviava alle “Missioni Estere Vincenziane” si potrebbe conoscere più ampiamente l’attività apostolica svolta nella parrocchia da lui amministrata. Qui ci limitiamo a ricordare alcuni dei risultati raggiunti nell’anno in cui cominciò in Cina la persecuzione contro i cristiani ritenuti “agenti delle potenze straniere” da parte del regime comunista instaurato da Mao Tse Tung.
Nel 1949 la IV Armata Rossa comunista infatti obbligò Chiang Kai-shek a fuggire a Taiwan, assieme a oltre due milioni di seguaci, ove venne fondata la Repubblica Popolare Cinese.
In quell’anno gli studenti della Missione di Kashing con il P. Bonanate, fuggiti davanti al pericolo della persecuzione maoista, hanno trovato rifugio nel Seminario San Vincenzo a Torino e una cinquantina di seminaristi, di diverse diocesi cinesi, nel nostro Collegio Brignole Sale Negroni a Genova.
Dalla sua relazione sappiamo che la scuola del P. Archetto nel 1949 aveva raggiunto la cifra di 200 alunni ed alunne, fra cui una settantina di cristiani. Tra essi i Crociatini e le Crociatine dell’Eucaristia si preparavano a diventare apostoli in famiglia e tra i loro compagni, e a tener vive le pratiche cristiane anche se queste non potessero più manifestarsi esternamente. Preparati da P. Archetto ad affrontare la persecuzione che era in vista, “conoscono i pericoli che li attendono, sia i ragazzi sia le ragazze, i pericoli cioè per la loro fede e la loro virtù, ma conoscono anche i mezzi per difendersi: Eucaristia, Preghiera, Mortificazione; non hanno paura e avranno con loro il più potente amico, Gesù”.
La tipografia della parrocchia “lavora in pieno e le due macchine non sono quasi mai ferme; abbiamo già stampato tante cose, sia per la propaganda, sia per uso delle residenze; ora stiamo finendo di stampare un libro di preghiere per i cristiani; a giorni sarà pronto; è il primo libro che stampiamo ed è riuscito molto bene: copertina illustrata e illustrazioni anche nel testo.
Le altre opere continuano tutte con lo stesso ritmo. Nel mese di giugno vi saranno battesimi e molte prime Comunioni”. Tra i suoi cooperatori nell’apostolato non ci sono solo i Crociatini, ma anche tanti adulti, specialmente della Legio Mariae da lui recentemente introdotta, che sono preparati ad essere un futuro nucleo di resistenza al comunismo, come si vide in seguito.
Di fronte alla persecuzione imminente, P. Archetto, come del resto tutti gli altri missionari, non intende sottrarvisi. “Sembra che siamo arrivati agli sgoccioli. Umanamente non c'è più granché di speranza: da un giorno all'altro possiamo essere inclusi nel sipario; la residenza di P. Teng vi è già inclusa. Perciò queste notizie potrebbero anche essere le ultime. Resteremo però tutti ai nostri posti e ai nostri lavori, fra i nostri cristiani. Nella mia parrocchia tutto procede al solito, anzi, tutte le opere hanno avuto un nuovo impulso proprio in questi ultimi mesi. …. Non interromperemo nessuna delle nostre opere, fino a quando ci sarà assolutamente impossibile di continuarle. … Qualunque cosa debba avvenire, sia fatta, allegramente, la Volontà di Colui per il quale lavoriamo e per il quale rimaniamo al nostro posto, fra i nostri cristiani, confidando nel Signore e nella SS.Vergine”. (Kian, 23 Maggio 1949)
P. Archetto restò effettivamente al suo posto fino a quando non fu cacciato a forza nel maggio 1952.
Molti anni dopo, trovandosi nella Missione del Madagascar, nei suoi colloqui coi missionari e con le Suore, il suo discorso ricadeva spesso con nostalgia sui suoi anni giovanili passati in Cina. Ricordava soprattutto il giorno doloroso in cui dovette abbandonare i suoi parrocchiani.
Sr Chiara FdC riferisce: “Ci faceva sovente delle conferenze spirituali ed alla fine ci parlava dei suoi anni giovanili passati in Cina, del suo apostolato missionario …, in fine ci raccontava della persecuzione da parte dei comunisti, dell'ultima Messa celebrata con l'intimazione di chiudere la chiesa, ci diceva che con tanta angoscia aveva consumato la riserva dell'Eucaristia e chiudendo il tabernacolo ormai vuoto tutti i fedeli, venuti per l'ultima Messa, erano scoppiati in un pianto dirotto (anche a me veniva da piangere a questo racconto)”.

Ritorno in patria

Tornato in Italia, intraprese subito una continuata attività missionaria colla predicazione delle missioni interne. Nel settembre 1952 è a Chieri, applicato appunto alla predicazione delle missioni in Maremma; nel 1953 è trasferito a Intra addetto sempre ancora alle missioni; nel gennaio 1954 è nominato superiore della Casa di Savona sempre con l’impegno della predicazione delle missioni; nel gennaio 1957 è superiore a Chieri e direttore del Centro Missioni e di Cooperazione Vincenziana.
Dall’agosto 1959 al 1968 è superiore della Casa provinciale di Torino; contemporaneamente, dal 1959 al 1969 è anche Superiore Generale delle Suore Nazarene, all’assistenza delle quali si dedicò con particolare zelo ed amore, conducendo poi anch’esse alla Missione del Madagascar.
Una delicata carità vincenziana manifestò nel modo con cui in quel periodo si prese cura dell’assistenza della ragazze madri ospitate nell’Istituto Provinciale dell’Infanzia (IPI) di Torino. P. Archetto, riferisce Sr. Aurora Puddu, FdC, “andava volentieri all’IPI; soprattutto vi andava per il battesimo dei bambini che nascevano lì e che erano accuditi dalle suore. Ogni volta il battesimo era una festa e lui sapeva, con dolcezza, seguire le mamme e prepararle al battesimo dei figli. Per la celebrazione si faceva aiutare dai chierici del Seminario San Vincenzo, perché voleva che fosse una celebrazione solenne. Il tutto finiva quasi sempre con la cena insieme, molto gradita. Andava sovente anche a trovare i malati al Gradenigo, soprattutto suore e, ovviamente, i missionari”.

Superiore Generale delle Suore Nazarene

Le Suore Nazarene lo ricordano come ”una figura eccezionale di guida e di padre e, possiamo dirlo, di fondatore. Guidò la Comunità con mano forte e sicura in quegli anni difficili di cambiamenti e di rinnovamento; impressionante è la quantità, la lunghezza e la forza di espressione delle sue circolari. Esse testimoniano come fosse preoccupato di farci camminare sulle vie sicure della virtù e della santità, e di salvarci dagli sbandamenti, così facili in quegli anni.
Avviò con entusiasmo la Comunità verso la preghiera liturgica armonizzando le preghiere tradizionali della Comunità con la preghiera di Lodi, Vespro e Compieta. La sua grande preoccupazione fu la formazione umana, culturale e religiosa delle novizie e delle giovani Suore cui dedicò molto del suo tempo e delle sue cure paterne. Nel 1965 organizzò le celebrazioni del Centenario della Comunità, con tanta passione e mettendo in atto tutta la sua creatività perché risultassero solenni e grandiose. In questa occasione programmò anche un pellegrinaggio a Roma di tutta la Comunità, in tre turni.
Nel 1968 preparò la Comunità a celebrare la sua prima Assemblea Generale, guidandola passo passo e aiutandola a superare le difficoltà di un cammino nuovo per noi.
Tutto questo lo fece con un grande amore di padre. Fu la sua caratteristica: sempre, anche quando rimproverava, era mosso da un grande amore, come lui stesso testimoniò nella sua ultima lettera circolare del 18 febbraio 1969, prima di lasciare l’incarico di Superiore”. (Suore Nazarene)

Artefice della Missione del Madagascar

Ma il suo spirito missionario non si staccò mai dall’ideale e dalla promozione delle missioni ad Gentes. Perduta la speranza di un ritorno in Cina, rivolse altrove il suo sguardo. Non era d’accordo con ciò che aveva scritto P. Giuseppe Garlando CM sulla rivista “Missioni Estere Vincenziane” il quale sperava ancora in una prossima ripresa della Missione cinese: “Le offerte che riceviamo saranno mandate in Cina, quando si riaprirà di nuovo la Cina”. In Cina aveva incontrato P. Clemente Cassan CM, il quale, anch’egli espulso, nel 1953 era stato nominato Superiore provinciale della nostra Missione in Madagascar. Di fronte alla situazione critica dell’evangelizzazione nel Sud, si mise in cerca di confratelli di altre Province per ridare alla Provincia malgascia nuovo sangue e dinamismo. Con il sostegno dell’allora Superiore generale P. William Slattery, si rivolse pure alla Provincia di Torino, e qui trovò nel suo antico collega della Missione cinese il suo migliore interlocutore e collaboratore.
Ancor prima di andare in Madagascar ad esaminare la situazione, P. Archetto era andato a Chieri a parlare ai nostri novizi e studenti del “progetto della missione”. D’accordo con il Visitatore di Torino, P. Mario Mordiglia, nel 1961 fece il primo viaggio in Madagascar per gettare le basi e organizzare la Missione che sarebbe stata affidata ai missionari della Provincia di Torino.
“Tutti sapevamo, tutti sanno, che la nostra Missione è una sua creatura, voluta con costanza, sostenuta con impegno e seguita con tanto amore”. (P. Mombelli)
Aperta la Missione italiana, nell'autunno 1966 ne fece la visita a nome del Visitatore, anche in vista degli accordi con i Vescovi interessati (Mons. Alfonso Maria Fresnel CM di Fort-Dauphin e Mons. Camillo Antonio Chilouet CM di Farafangana) che avevano proposto ciascuno un pezzo della loro diocesi da affidare alla Provincia di Torino.
Il Delegato apostolico Mons. Felice Pirozzi, da parte sua prese, la decisione di erigervi la Diocesi di Ihosy, avvenuta il 13 Aprile 1967. “Anche l’erezione della Diocesi era stata preparata e accelerata da P. Archetto”. (P. Mombelli). Il primo vescovo fu Mons Luigi Dusio CM (1967), che purtroppo non ebbe la possibilità di espletare pienamente il suo ministero episcopale, essendo morto solo tre anni dopo l’ordinazione episcopale.

Suscitatore di zelo missionario

Nelle retrovie P. Archetto ha lavorato suscitando una feconda risonanza di vocazioni per la nuova Missione nei colloqui con i confratelli e in ripetuti incontri con i nostri novizi e studenti. Al suo rientro in Italia dal primo viaggio in Madagascar, racconta P. Mombelli, ritornò a Chieri: “ci ha parlato con entusiasmo della nuova missione… si può dire che ci ha fatto percorrere con lui tutta la zona che ci era stata proposta, documentando le sue impressioni con tante belle diapositive. Personalmente coltivavo già il desiderio della missione all’estero, ma la sua relazione sulla situazione in Madagascar mi ha confermato definitivamente nella mia decisione. Quando, il giorno seguente il diaconato, ho parlato con il direttore di Teologia (era l’allora P. Lardori), questi mi ha detto: “Scrivi la tua domanda e portala da P. Archetto…” aggiungendo: “fai attenzione: quando entrerai lo troverai che sta leggendo … quando gli dirai che hai bisogno di parlare con lui, ti dirà che ha tante cose da fare…Ma quando gli dirai che vuoi andare in Madagascar, si siederà subito e ti parlerà a lungo della Missione, della gente, della povertà che c’è, del lavoro pastorale che si deve fare!”. Avevo già visto P. Archetto, ma non avevo mai parlato personalmente con lui. Avevo una certa impressione di “rispetto-paura”; ma ci tenevo ad avere al più presto la “benedizione “ di venire in Madagascar. Sono arrivato in via XX Settembre un mattino … se non sbaglio il 16 dicembre 1968. Ho bussato alla porta. Ho trovato P. Archetto in piedi che leggeva il giornale. Quando gli ho chiesto di parlare un momento con lui … mi ha guardato, non mi ricordo con sicurezza, ma non deve avermi chiesto il nome …ma si è avvicinato alla scrivania dicendo che aveva tante cose da fare.“Vorrei andare in Madagascar!” gli ho detto. Si è seduto, ha preso la mia domanda, mi ha assicurato che “andava bene”… che potevo essere sicuro che …”. Due giorni dopo ho avuto la risposta positiva e il regalo di andare per 8 giorni a casa, per passare Natale con la mamma e la famiglia e annunciare loro la … buona notizia. Da allora P. Archetto è stato per me una guida, un angelo custode, un modello. Ma non solo per me.”
“Il suo convinto impegno missionario - confessa da parte sua P. Tonino Cogoni CM - mi ha incoraggiato molto a riflettere sulla mia vocazione e ad orientarmi sulla sua stessa strada. La conversazione con lui e il suo esempio mi hanno molto stimolato a prendere a cuore l'attività missionaria”.

L’assistenza alle partenze

“Fin dall’inizio dell’apertura della nostra missione al Madagascar, era sempre lui che preparava i missionari che si imbarcavano a Marsiglia, ed accompagnava sempre tutti fino a Marsiglia ed aspettava nel porto finché la nostra nave fosse partita.
Io poi, ho un simpatico ricordo del mio départ da Marsiglia, che ricorderò sempre, perché ero solo a imbarcarmi. Con la sua docile convinzione, era riuscito a convincere P. Massimo Virla CM ad accompagnarmi e, come era abitudine di P. Archetto, ci faceva visitare tute le meraviglie della città, e prima di imbarcare c’era sempre la “liturgia” del viaggio in battello nel porto, ed allora forzatamente, pieno di paura e di panico, facemmo salire sul battello P. Virla, che durante la gita scoppiava in grida di paura o “sorrisoni” per l’andatura forte delle onde (era la prima volta che saliva in barca)”. (P. Grimaldi)
“Penso proprio che la nostra missione in Madagascar - scrive ancora P. Mombelli – per noi missionari, per le Figlie della Carità della Provincia di Torino, come pure per le suore Nazarene, è avvenuta grazie al fatto che il Signore ci ha dato P. Archetto che ha preparato, esaminato e studiato sino in fondo, a volte con una precisione esageratamente minuziosa, quello che si poteva e si doveva fare per la preparazione dei bagagli, l’imbarco, il viaggio, l’arrivo in Madagascar … ecc.
Ricordo che quando mi preparavo, con P. Elio Del Grosso CM, a venire in Madagascar (1969), e ho fatto il viaggio con P. Aldo Reviglio CM, che era tornato in Italia per la prima volta, P. Archetto si è preoccupato di far fare dal Fr. Giuseppe Peressutti, fratello di P. Umberto, a Verona (e noi partivamo da Torino), delle casse che in seguito avremmo potuto trasformare in mobili-armadio. Alcune di queste “casse-mobili” servono ancora attualmente (2010)! Abbiamo fatto il viaggio in nave … e ci ha accompagnati sino a Marsiglia, dai nostri confratelli, ci ha fatto visitare la città, ci ha portati al santuario di Notre Dame de la Garde, per l’ultima concelebrazione, chiedendo una benedizione per il nostro viaggio. Ci ha accompagnati nella nostra cabina e ci ha pagato ancora un gelato prima di partire!! Ricordo che ha dato ai miei una cartina geografica per “far vedere il viaggio”, dove saremmo passati, aggiungendo le date e gli indirizzi per poterci mandare della posta”.

Fondatore della Missione delle Nazarene in Madagascar

“A proposito di Comunità di suore bisogna dire che ha avuto un impegno tutto particolare per le suore Nazarene. È lui che le ha volute mandare in Missione e si può dire che la loro venuta in Missione è stata una grazia rigeneratrice per la Comunità intera”. (P. Mombelli)

Così le Nazarene ricordano P. Archetto come fondatore della loro Missione in Madagascar: “Questa fu l’opera del suo cuore! Già nel 1961, in occasione del suo viaggio in Madagascar per gettare le basi e organizzare la Missione che sarebbe stata affidata ai missionari della Provincia di Torino, gli sembrava di vedere aggirarsi tra quelle capanne, le sue figlie Nazarene. Tornato in Italia, piano piano contagiò con il suo entusiasmo le suore che iniziarono anche loro a “sognare” le missioni! Nel 1967, l’11 maggio, ebbe la gioia di accompagnare a Marsiglia, per il grande viaggio in nave, le prime quattro Suore destinate ad aprire la Missione a Isoanala. Nel mese di ottobre 1968, con la Madre Ester, si recò in visita in Madagascar per incoraggiare e sostenere le sorelle missionarie.

Perché non andassero perse le notizie degli inizi della missione, curò lui stesso la stesura del diario di Missione dei primi tre anni. Per suo interessamento le Nazarene ebbero le prime vocazioni malgasce.
“Quando P. Dusio era ancora parroco a Ihosy, alcune ragazze erano state preparate dalle Figlie della Carità per entrare nella loro Compagnia; ma Suor Morin FdC sentenziò: “Non sanno il francese, quindi non hanno vocazione” … P. Dusio ne scrisse allora a P. Archetto, superiore delle Nazarene a Torino”. “Qui in Madagascar non ha mai avuto la responsabilità di Superiore delle Nazarene, ma è stato veramente il loro “raiamandreny” che ha seguito con affetto e con consigli e attenzione lo sviluppo della Comunità. È normale che le suore Nazarene in Madagascar conservino un grande e caro ricordo, una certa venerazione per P. Archetto. e … non saprei bene come dire … “soprattutto” , oppure, “in più” … tutta una tenerezza di “raiamandreny” per le Suore Nazarene “. (P. Mombelli)

“Arrivò con noi”

Il 23 ottobre 1968, al suo ritorno dalla visita alle Suore Nazarene in Madagascar, venne nominato Delegato del Superiore Generale per le Missioni nel mondo intero presso la nostra Curia Generalizia e poi pure superiore della stessa Casa Generalizia; causa malattia partì per Roma solo alla fine di febbraio 1969. Ma vi rimase poco: sentendo sempre l’amore e il desiderio della “missione ad Gentes”, il 15 marzo 1972 dopo aver preparato tante volte la partenza dei missionari e delle Suore, partì lui stesso come missionario per il Madagascar. Aveva "ripetutamente insistito", diceva, di “andare in pensione”, ma gli venne presto affidato l’ufficio di Superiore della casa di Ihosy. “Arrivò con noi per condividere la nostra vita e le nostre esperienze. Bien sur che noi, allora tutti giovani missionari ed italiani, l’avevamo accolto con tanto affetto e simpatia sapendo della sua esperienza della Cina, ma soprattutto perché per noi era un papà o “nonnino”.(P. Grimaldi)
Nel suo soggiorno in Madagascar a Ihosy fu il punto di riferimento spirituale per i Missionari, Figlie della Carità e Nazarene; di queste si sentiva ancora sempre responsabile.

Rayamandreny

I confratelli lo chiamavano raiamandreny che nella lingua malgascia vuol dire "padre e madre", talmente era premuroso con tutti.“La parola “ray aman-dreny” è un po’ difficile da pronunciare per noi, ma ha un significato particolare nella vita dei malgasci: ray vuol dire padre, reny vuol dire madre; aman è il legame, la congiunzione. Si può tradurre semplicemente con la parola “genitori”.
Ma sovente questi nomi sono attribuiti ad una sola persona: vuol dire “padre e madre insieme”, ed è il modo più rispettoso per chiamare una persona anziana o comunque una persona che ha autorità morale riconoscendo la sua “saggezza e la sua autorità” anche se non c’è nessun legame di parentela.
“Quando P. Archetto è arrivato in Madagascar è stato chiamato subito da tutti noi: “rayamandreny”. Anche il Vescovo lo chiamava così. Ma non era solo per rispetto, c’era in questo nome tanta stima e riconoscenza verso di lui. E lui sinceramente apprezzava questa riconoscenza ! Tra la gente, tutti sapevano che si chiamava “Giuseppe”, perché ci teneva alla sua festa ed era una gioia per lui celebrarla bene in chiesa, ma anche a tavola! Molti, però, non sapevano che si chiamasse P. Archetto, ma lo chiamavano semplicemente con il “suo nome” padre raiamandreny (Mompera raiamandreny). Poi con la sua presenza si è visto ancora di più, direi si è costatato e toccato con mano la sua disponibilità, il suo senso organizzativo, le sue attenzioni per tutti. Aveva una “scheda personale” per ciascuno di noi, sulla quale scriveva tutti i dati importanti: il giorno dell’onomastico, compleanno, ordinazione sacerdotale o dei voti, che poi ricordava a tutta la Comunità con regalo personalizzato. Sulla scheda scriveva il numero del passaporto, della carta d’identità malgascia, la data di validità, ecc. ... scriveva le date dei cambiamenti di casa e di posto di lavoro”. (P. Mombelli)
“Sono contento, conferma P. Grimaldi, di scrivere qualche riga su P. Archetto, un santo missionario, un apostolo e un rayamandreny, perché fin dal suo arrivo qui da noi, dopo averlo tanto desiderato e preparato, è stato per tutti noi giovani missionari della prima ondata, P. Archetto è stato un vero “papà” ed un santo missionario che ci ha sempre sostenuti, aiutati, confortati e consigliati. Noi lo ricordiamo sempre con tanta riconoscenza ed affetto per il suo sostegno, incoraggiamento e per il tanto sincero amore che aveva affinché la Missione e la Diocesi progredissero. Ma quello che era molto importante, era che il bravo “Raiamandreny” in qualunque momento della giornata era sempre pronto a riceverci nel suo bureau. … Io e P. Archetto eravamo sempre i primi a svegliarci nella vecchia casa dell’episcopato e, abitando uno vicino all’altro, alle 5 del mattino ci trovavamo sempre insieme sulla veranda, ben inteso dopo la piccola tazzina di caffè ed una sigaretta alla bocca (eravamo due fumatori!). Poi insieme, alle ore 6 ci recavamo alla parrocchia per la concelebrazione, alla quale ci teneva moltissimo ed era quasi sempre lui che leggeva molto adagio il Vangelo, perché, alla sera prima, si preparava e veniva umilmente a domandare aiuto su qualche accento di pronunzia. Lo chiamavamo la nostra “Reuters”, perché ci forniva sempre tutte le notizie malgasce e mondiali: allora c’era solo un velo di televisione”.
“Prendeva nota tramite la radio dei vari risultati delle squadre di calcio italiane per darne notizia ai suoi confratelli quando tornavano dalle loro spedizioni apostoliche nei villaggi lontani detti "brousse". (Sr. Chiara)

Tratti caratteristici della sua personalità

Dalle testimonianze riportate emergono alcuni tratti caratteristici della personalità di P. Archetto, sottolineati anche in modo esplicito: finezza, disponibilità, regolarità, ordine e precisione.
“Era una persona molto fine, educatissima; non parlava la lingua del posto essendo venuto in Madagascar già in buona età. Era sempre disponibile e molto premuroso con tutti quelli che passavano dalla Missione di Ihosy. Quando mi recavo nella brousse del compianto P. Giovanni Stanta CM, mi dava sempre un pacchetto di leccornie da mangiare laggiù. Questo suo gesto di gentilezza e fraternità mi ha sempre commossa, io che ero l'ultima ad essere arrivata nella Missione di Ihosy. Era sempre disponibile per le confessioni. Negli ultimi tempi della sua permanenza era diventato più espansivo, ci faceva sovente delle conferenze spirituali ed alla fine ci parlava dei suoi anni giovanili passati in Cina, del suo apostolato missionario nella grande Missione di Kian”. (Sr Chiara)
“Avendolo conosciuto mentre ero novizio alla Casa della Pace di Chieri e, per alcuni anni, qui in Madagascar, posso segnalare la mia ammirazione per la sua regolarità, ordine e precisione nel portare avanti gli impegni e nel curare la vita di comunità”. (P. Cogoni)
“Aveva un orologio nel sangue, perché aveva sempre 3 o 4 minuti di anticipo sugli altri; per cui se andavamo in cappella, stava lì seduto ad aspettare con le gambe accavallate, ma il suo piede destro andava avanti e indietro come un pendolo. Se andavamo in refettorio trotterellava sui piedi girandosi da destra a sinistra e poi da sinistra a destra con 8 movimenti in 40 cm. …” (P. Mombelli)
“Dopo la morte di mons. Dusio, essendo ancora parroco della cattedrale nel 1971, l’avevo pregato di darmi un aiuto nella parrocchia, cosa che faceva molto bene, specie per l’assistenza alle confessioni. Il suo bureau era sempre ordinato alla perfezione... sul suo tavolo di lavoro non c’era un libro fuori posto e... non un filo di polvere. Questo diceva tutto del suo carattere semplice ma ordinato che traspariva molto nella sua profonda spiritualità”. (P. Grimaldi)

Una spiritualità profonda
 
“Nella vita della comunità, era sempre pronto a farci delle belle conferenze, perché lui se le preparava a lungo ed erano di tanto aiuto per noi giovani, forse troppo preoccupati di fare molte visite alle chiesette e villaggi della brousse”. (P. Grimaldi)
“Ho trovato in P. Archetto - attesta P. Mombelli - un grande amore per la preghiera e l’Eucaristia, per la Comunità, e la vita comune. Se doveva farci un incontro, una conferenza, arrivava con un blocco notes; una penna biro (una bella “stilo”, perché gli piacevano le cose belle, originali e diverse da quelle che avevano gli altri) e qualche volta anche un libro, magari la Bibbia! Il blocco notes, lo apriva, ma non lo guardava. La penna biro continuava a girare tra le sue dita. Il libro, magari la Bibbia, lo spostava con la mano libera da destra a sinistra e viceversa! Guardava in faccia, negli occhi chi lo ascoltava; capiva se lo si seguiva o no; parlava con convinzione, in modo semplice e chiaro. Si preoccupava, quasi se la prendeva, se qualcuno non riusciva a seguirlo o magari non condivideva la sua opinione. Non era noioso anche quando ogni tanto si ripeteva. soprattutto quando il discorso ricadeva sui suoi anni in Cina e sull’inizio della Missione. Preparava con scrupolo la liturgia, soprattutto quando doveva celebrare in malgascio; era contento, anzi ci teneva a leggere il vangelo. Domandava con semplicità cosa volesse dire o come si leggesse tal parola, ma chi lo ascoltava pensava che sapesse la Bibbia a memoria. Ci teneva a preparare i momenti importanti dell’anno liturgico con “meditazioni” brevi ma profonde … meditazioni che poi ripeteva alle diverse comunità di suore. Per le suore era sempre disposto a fare delle conferenze e a confessare. Aveva una devozione particolare per il rosario; quante volte la sera, magari io ero stanco, ma prima di andare in camera domandava: “Diciamo il rosario?” e, andando su e giù per il cortile, a volte guardando le stelle, a volte mangiati dagl’insetti che venivano fuori la sera, pregavamo insieme”.
“Esprimeva una profonda spiritualità, specie nella devozione alla Vergine, perché nei momenti liberi aveva sempre nelle mani il rosario”. (P.Grimaldi)
Un suo piccolo ritratto sintetico conclusivo? Possiamo riportare quello delle Suore Nazarene: “Eccolo, il Padre Archetto: fu amore per Dio e per il Vangelo, amore generoso, forte, volitivo, sensibile ed umile!”.

Partenza per la missione del Cielo

Dopo una dozzina d’anni di apostolato a Ihosy, a causa della sua salute che andava peggiorando sempre più, dovette rientrare a Torino, dove si è spento lentamente ma serenamente il 29 agosto 1994.
“I ricordi più cari di P. Archetto, notano le Nazarene, sono quelli della sua malattia, perché è lì che si rivela la persona! Tornato in Italia per salute, era venuto a Rubiana, un mese prima di partire per il cielo. Stava male, eppure si era portato con sé la macchina da scrivere, il vocabolario di francese per dare lezioni a qualche suora malgascia, il librone di Messori “Pensare la storia”. Non lo si vedeva mai restare senza far nulla. Con umiltà si faceva fare qualche servizio, accettava tutto con uno stupendo sorriso. Combatteva la sua stanchezza camminando su e giù per la veranda col rosario in mano … Semplice e dignitoso nel dolore, piacevole nell’ora della merenda nel raccontare tante cose belle della sua vita”.
 

Padre Pietro Balestrero c.m.

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